L’educazione alimentare è un tema importante per la crescita sana, che inizia proprio dalle abitudini e dall’esempio che i genitori offrono.
Educazione alimentare: l’importanza delle buone abitudini
Anno nuovo, scolastico in questo caso, nuove opportunità. E se tra gli obiettivi da raggiungere, tra imparare l’inglese, muovere i primi passi, contare fino a 10, mettessimo anche “imparare a mangiare”?
No, non parlo dello svezzamento, che riguarda solo i piccolissimi, ma di educazione alimentare. Un tema importante che interessa ogni fascia d’età, dai piccoli agli adulti.
Come i bambini imparano le abitudini alimentari osservando i genitori
Ormai lo sappiamo: i bambini imparano e sviluppano abitudini osservando e imitando i loro genitori e le abitudini alimentari non fanno eccezione. Così come si impara a parlare, a camminare e a dormire da soli, si impara anche a mangiare bene.
Anche in questo caso, consapevolezza e osservazione sono le due parole chiave che ogni genitore dovrebbe tenere a mente per cercare di trasmettere ai propri figli una sana educazione alimentare.
Routine alimentare: impostare pasti regolari e bilanciati
Prima di addentrarci in quelle che sono le più comuni problematiche relative al rapporto con il cibo, partiamo con lo spiegare che, in generale, un rapporto sano ed equilibrato con l’alimentazione include l’attuazione di una routine alimentare, la somministrazione a ogni pasto (o almeno il più possibile) di una porzione bilanciata di tutti i macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi), ma anche vitamine e minerali.
Comprende anche aspetti psicologici, come la consapevolezza che il cibo non è una ricompensa o qualcosa da meritare, ma che serve per vivere e restare in salute. Include delle buone abitudini, come quella di mangiare seduti, con calma, masticando bene, senza distrazioni (lavoro, televisione, cellulare).
Mangiare senza distrazioni: il valore dei pasti senza tv e tablet
Nel fare questo capirete bene come i problemi, in realtà, inizino già qui. Quanti adulti possono dire di avere davvero un rapporto sano con il cibo? E allora, se i figli imparano guardando i genitori, come si fa a insegnare qualcosa che non si conosce?
Per poter crescere bambini con una sana educazione alimentare bisogna prima abituarsi a mettere in pratica le buone regole che si vogliono insegnare. Perché non approfittarne, quindi, per mangiare meglio e migliorare anche il vostro rapporto con il cibo?
Se vedranno proposte verdure a ogni pasto, i bambini si abitueranno a mangiare le verdure, e davvero molto, molto raramente saranno selettivi in questo senso. Se a merenda troveranno frutta, yogurt, pane e olio, i bambini li mangeranno senza fare storie.
Questo non significa demonizzare alcune categorie alimentari e neanche il “cibo spazzatura”, per usare un termine forte. Una colazione al bar con mamma e papà può assolutamente voler dire brioche, magari accompagnata da una spremuta fresca.
Una merenda con un amichetto di scuola può voler dire gelato. Una volta, però. La base, l’abitudine, si fonda sulla ripetizione, ed è ben altra cosa.
Come costruire l’educazione alimentare
Parte tutto dagli adulti, da quello che fanno e non da quello che predicano, ed è importantissimo ricordarlo sempre.
Quando diciamo ai nostri figli di non mangiare le merendine ma le compriamo, non stiamo facendo educazione alimentare. Quando portiamo i fruttini, il gelato, le caramelle o le patatine a ogni merenda all’uscita di scuola, non stiamo facendo educazione alimentare.
Quando diamo a un bambino di due o tre anni il latte formulato di proseguimento (salvo indicazioni del pediatra, naturalmente) non stiamo facendo educazione alimentare.
Il cibo è nostro amico: contiene – se mangiamo le cose giuste e nelle giuste quantità – tutto quello di cui abbiamo bisogno per muoverci bene, pensare bene e addirittura per dormire bene.
Una sana e corretta alimentazione, insieme all’attività fisica, ci protegge dai mali di stagione più dei costosi integratori che compriamo in farmacia.
Routine giornaliera di pasti e spuntini
Da dove cominciare? Impostare una routine alimentare giornaliera è fondamentale: ai bambini non dovrebbe essere permesso di avere accesso al cibo in qualsiasi momento.
Una corretta routine alimentare prevede: colazione, merenda, pranzo, merenda, cena.
Anche assaggiare più alimenti possibili è stato riscontrato che riduca di molto la selettività alimentare: via libera a forme, colori, consistenze, sapori. I bambini, già dai 6 mesi e a patto che abbiano raggiunto tutte le competenze necessarie a passare da un’alimentazione liquida a una solida o semi solida, possono mangiare tutto.
Attenzione a zucchero e sale. Cosa significa attenzione: significa che non sono vietati ma bisogna limitarne al minimo il consumo, anche per non alterare il sapore dei cibi.
A questo proposito zucchine, carote, zucche, pere e mele hanno un sapore dolce e sono generalmente accettate dai bambini. Ampliate dunque l’offerta a cibi dai gusti più aspri o amari (arance, kiwi, broccoli, catalogna, ecc.) per abituare i più piccoli a questi sapori fin dai primissimi assaggi.
Educazione alimentare bambini: consigli per evitare la selettività alimentare
Una buona pratica è anche mangiare senza distrazioni. Niente tv, tablet o libri a tavola non solo perché aumentano il rischio di soffocamento, ma perché non consentono di concentrarsi sul cibo, con la conseguenza che l’alimentazione diventa acritica e inconsapevole aumentando anche il rischio di sovralimentazione (soprattutto nei bambini più grandi e negli adulti).
“Se non accendo la televisione mio figlio non tocca cibo” non è una buona motivazione per introdurre nella routine alimentare di un bambino un’abitudine scorretta e pericolosa che sarà, oltretutto, sempre più difficile da estirpare e che si porterà inevitabilmente dietro altri problemi legati a un rapporto sbagliato con il cibo.
Se il bambino non mangia a un pasto, mangerà al pasto successivo: non sarà facile.
Considerate che perché un’azione si radichi e diventi abitudine richiede circa venti ripetizioni, ma la costanza nel non cedere ad atteggiamenti che sembrano accorciare la via e invece la allungano alla fine darà i suoi frutti.
Neofobia nei bambini: cosa fare se il bambino rifiuta cibi nuovi
L’atteggiamento per cui un bambino rifiuta diversi cibi senza averli mai assaggiati è detto neofobia e si manifesta solitamente dopo i 18/24 mesi per poi diminuire in età scolare intorno ai 6 anni e scomparire gradualmente nell’età adulta.
La buona notizia è che c’è tutto il periodo che va dall’inizio dello “svezzamento”, quindi 6 mesi circa, fino ai 2 anni per mettere in atto dei comportamenti che riducono al minimo il rischio che la selettività alimentare si manifesti.
Ad esempio, proporre continuamente lo stesso alimento sconosciuto e, magari, non gradito, senza insistere perché il bambino lo mangi, porta all’accettazione dell’alimento stesso. Al contrario, la forzatura è sempre controproducente: psicologicamente non fa che rafforzare il disgusto verso un dato alimento.
Inoltre insegna ai bambini a non sintonizzarsi sui propri segnali di fame e sazietà, lasciandoli in balia di un input esterno. Allo stesso modo bisogna evitare di aggirare il problema offrendo solo cibi già noti e accettati.
Questo a lungo andare finirebbe con il rendere i pasti monotoni e l’offerta di nutrienti limitata. E i premi? Sconsigliati, così come minacce e ricatti. Il cibo non è una merce di scambio.
Partecipazione e coinvolgimento: l’importanza del bambino in cucina
I bambini hanno bisogno di una guida. Senza di essa si sentono persi e mettono in atto atteggiamenti che spesso dagli adulti vengono definiti “capricci”.
Va bene includere il bambino nel processo che porta alla somministrazione del pasto, ma è importante farlo nel modo corretto, senza delegare al bambino la responsabilità di cosa mettere in tavola.
Le regole, anche sul cibo, le fanno gli adulti. Questo vale soprattutto perché i bambini, fisiologicamente, vivono solo nel qui e ora. Sanno cosa vogliono ora, cosa desiderano, ma non hanno gli strumenti per fare scelte a lungo termine.
Quindi è assolutamente consigliato fare la spesa insieme e cucinare insieme, permettendo ai bambini di annusare, toccare, manipolare, tagliare e sbucciare gli alimenti.
L’importanza di mangiare in famiglia
Una buona pratica è anche mangiare insieme, in famiglia, rendendo così il pasto un momento di relazione e cura.
Va bene anche offrire due scelte, entrambe accettabili per il genitore, per far sentire i bambini inclusi nelle decisioni ma lasciando comunque la guida al genitore stesso: “Cosa preferisci per cena, la pasta con la ricotta o il riso con i piselli?”
Come interpretare il rifiuto del cibo
È bene ricordare, inoltre, che il rifiuto di cibo non è un affronto a mamma e papà (o chi per loro) né una sfida, se pure è vero che spesso i bambini manifestano dei disagi attraverso il cibo.
Ma in quel caso il focus non dovrebbe andare sul cibo, bensì sulla ricerca del disagio stesso. Altrimenti sarebbe come tenere sotto controllo un sintomo senza mai curare la malattia.
Tempi diversi per ogni bambino
I bambini devono imparare a mangiare, a familiarizzare con il cibo e spesso per farlo gli occorre tempo.
Senza contare che i bambini non sono tutti uguali: anche a parità di assoluto benessere due bambini possono manifestare approcci molto diversi all’alimentazione, a partire dalle quantità (alcuni bambini mangiano più o meno di altri) fino ad arrivare alla curiosità verso il cibo stesso.
Entrambi hanno lo stesso diritto di vedere i propri tempi accolti e rispettati.
Buttereste mai in piscina un bambino che non sa nuotare? Non credo. Sicuramente gli consentireste prima di familiarizzare con l’acqua, portandolo il più spesso possibile ma senza obbligarlo a entrare o bagnarsi, fino a che, gradualmente, accetterà di immergersi e sperimentare.
Con il cibo l’approccio deve essere lo stesso.
Non lasciarsi ingannare dalle apparenze
Non dimenticate, infine, che spesso la sensazione che il bambino non mangi abbastanza è, appunto, solo una sensazione.
Se temete che vostro figlio possa incorrere in gravi carenze nutrizionali a causa di un regime alimentare che ritenete inadeguato, prima di adottare strategie o fare progetti confrontatevi sempre con il vostro pediatra di riferimento.