Educare alla gentilezza è un compito urgente che inizia dall’esempio quotidiano. Il metodo Montessori offre strumenti concreti per coltivarla nei bambini, a partire dal gioco.
“Il linguaggio è lo strumento fondamentale della vita sociale”
Maria Montessori, Il segreto dell’infanzia
Parlare, capirsi, relazionarsi: non sono solo tappe dello sviluppo, ma ciò che rende possibile vivere insieme agli altri.
Secondo Maria Montessori, il linguaggio nasce da una spinta profonda, quasi misteriosa, dentro ogni bambino. È una creazione collettiva, nata dalla necessità di capirsi tra esseri umani. E fin da piccolissimi, i bambini lo assorbono senza sforzo, semplicemente vivendo, ascoltando, osservando.
Parlare non basta: servono gesti e relazioni
Ma saper parlare non basta. I bambini devono poter usare le parole per stare insieme agli altri, per rispettarsi, per conoscersi. Devono fare esperienza di quei gesti semplici ma essenziali: dire “grazie”, chiedere “per favore”, saper aspettare il proprio turno, saper chiedere “scusa”.
E qui entra in gioco il ruolo dell’adulto con il suo esempio. Non servono troppe spiegazioni, servono gesti quotidiani e veri. È da lì che i bambini imparano davvero: guardandoci.
“Il nostro cervello mentre pensa, sente anche. Che cosa sente? […] Nella fase di apprendimento, se il cervello del bambino sperimenterà emozioni positive, queste si iscriveranno nella sua memoria, creando una traccia emozionale positiva, di gioia…”
Dal libro Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere, Erickson, 2019
Nel medesimo libro, la professoressa Daniela Lucangeli ricorda come l’apprendimento passi da relazioni autentiche, capaci di attivare le emozioni che rendono possibile il vero apprendere.
E senza emozione, non si apprende nulla.
Educare alla relazione, non solo alla conoscenza
Questi passi ci ricordano quanto la relazione rivesta un ruolo fondamentale prima ancora delle nozioni, delle abilità e delle prestazioni.
È proprio attraverso l’incontro e la cura con l’altro che i bambini imparano a diventare parte del mondo.
Le attività sociali secondo Montessori
Maria Montessori parlava chiaramente dell’importanza delle attività sociali, che non sono un “qualcosa in più”, ma parte integrante dello sviluppo del bambino.
Per lei, educare alla vita sociale significa preparare il bambino a vivere con l’altro, nel rispetto reciproco, come parte attiva di una comunità.
Oggi questa visione è più urgente che mai. In un tempo in cui il linguaggio rischia di impoverirsi e le relazioni si fanno più fragili, è fondamentale ridare strumenti veri e concreti a bambini e bambine per costruire relazioni sane, rispettose e autentiche.
I momenti che educano senza che ce ne accorgiamo
Ci sono tanti piccoli momenti nella giornata in cui un bambino può osservare buone pratiche, assorbire gesti di cura, ascoltare parole gentili.
Quando gioca con le bambole o le macchinine, quando “fa finta” di essere la mamma o il papà, la dottoressa o il cuoco, il bambino ripropone spesso ciò che ha osservato nel mondo degli adulti.
In questi momenti, esserci conta davvero. Basta poco: una frase sussurrata, un gesto che mostra, per nutrire quel gioco di senso e accompagnare con delicatezza la nascita delle relazioni.
Oppure, si può semplicemente esserci come presenza che ispira: che parla con rispetto, che chiede scusa, che ringrazia.
“Il bambino è dotato di una mente assorbente che prende tutto dall’ambiente.”
Maria Montessori
Le scenette: una palestra di empatia
Un’attività semplice ma molto efficace è quella delle scenette sociali, piccoli momenti che aiutano i bambini a familiarizzare con le buone pratiche e il rispetto reciproco.
Sono occasioni preziose che possono nascere spontaneamente durante il gioco oppure essere proposte con intenzione da un adulto.
Nei contesti educativi è più semplice creare tempo e spazio per queste esperienze: una scena a tavola, un piccolo conflitto risolto insieme, ecc.
Ma anche a casa, in momenti condivisi con il genitore, si può cogliere l’occasione educativa.
Mettere in scena una situazione sociale non significa recitare, ma offrire un contesto in cui il bambino possa esplorare emozioni, parole e comportamenti, sentendosi al sicuro.
Con un tono coinvolgente, nel gioco del “facciamo finta che”, l’adulto può usare parole e gesti di gentilezza, offrendo al bambino la possibilità di assorbirli in modo naturale, semplicemente giocando insieme.
Questi gesti aiutano i bambini a sviluppare empatia, attenzione verso l’altro e ci ricordano quanto siano pronti ad accogliere il meglio, se il meglio lo vedono vivere intorno a loro.
Educare oggi, più che mai
Educare non è solo insegnare, ma dare forma alla relazione.
Viviamo in un tempo in cui spesso le parole e le azioni perdono valore, ed è importante tornare a dare significato a ciò che diciamo e facciamo.
Con piccoli gesti quotidiani, con parole gentili e autentiche, possiamo accompagnare i bambini a scoprire il piacere di stare con gli altri e di sentirsi parte di qualcosa.
“Evitare la guerra è compito della politica, costruire la pace è compito dell’educazione.”
Maria Montessori
E allora sì, oggi più che mai, educare alla buona educazione è un atto urgente e necessario.
Ma prima di tutto, è una responsabilità che parte da noi: non possiamo chiederla ai bambini se non la pratichiamo noi per primi.


